martedì 25 maggio 2010

Piero Chicca: Un mangiá fa bon'all'òcchi. Post scriptum di Accio



                                                     Marina di Vecchiano "Il bambino a giugno"



                                    DIALOGO EDUCATIVO SULLA VISTA E LA PANCIA

-Un mangi?, ti fa bono all'occhi.
-Come vòr di'?, o ma'.
-Vòr di così: è mangiato?
-No.
-E quer che tu avi nner piatto lo vedi sempre?
-Sì.
-Ecco, ti sè' sarvato ll'òcchi.
-Perché?
-Perché se avi mangiato, quer che era nner piatto òra un lo vedevi più.


Lo stesso vale, caro 'r mi' Claudio, per quelle vive immagini che ti manda Bruno della Baldinacca, che quando un Moloch di nome Parco Commerciale avrà 'ngollato il nostro bel paesaggio, non le vedrai più.
Non vedere più una fotografia è triste, ma è un male relativo; il male oggettivo è che non troverai più i posti dove crescevamo.
Una sera o l'altra, quando il tuo ritorno autostradale sboccherà nei tuoi posti - quelli della tua gioventù, che ricordi con nostalgia - non ti saluterà più un tramonto sulla macchia; andrai a sbattere in un Vaticano (qui uguale per falsità con rincaro di dogmatico consumismo) e entrerai in un grovigliolo di svincoli senza bandolo dove serve il moccolo per trovare la via di casa.
Comunque a Vecchiano la cecità ha già colpito e non fa più paura, dunque il piatto non si respinge e ci s'accinge al mangio.
                              Tutto per il ventre, per lo spirito niente.
                                                                                           Piero Chicca



                       I Cavalieri dell'Ideale che non servono più  e l'importanza della bietola

Il mio amico Piero Chicca, che a Vecchiano abita a dieci metri da casa mia, in Via della Chiesa, e anche le nostre mamme sono amiche: la Lina e la Nada (un romanzo sentirle chiacchierare), “racconta” affidandosi ad un apologo scritto in vecchianese, all'incisiva lingua dei padri, l’arrivo dell’IKEA e di un centro commerciale a Pisa Nord, in zona pre-parco, dove ora c’è la macchia e i campi di girasole. E dove noi siamo cresciuti raggiungendo il mare o il lago di Puccini. Il suo dialogo è venato di malinconia, ma anche dal virile riconoscere che non è più tempo di “Cavalieri dell’ideale”. Come siamo, in fin dei conti, io e lui, e Bruno della Baldinacca.
Questi amici abbraccio da qui - anche perché a maggio grande è in me la nostalgia della mia terra - e mi firmo con il soprannome che, ancora, chiunque lo usi in via indipendenza numero 9 a Vecchiano, può avere  un piatto di pasta senza pagallo, o un libro da leggere, o un orlo di pantaloni ben fatto da una sarta di talento… E questo viatico dato da un soprannome, caro Piero, non possono capirlo, come funziona, scrittori e poeti di oggi, allevati a miscela*, tanto simili nel commerciare parole ai centri commerciali. Quando tornavo a Pasqua, da Vecchiano, nuovamente in questa valle alpina, avevo nel bagagliaio la bietola di Bruno, che mi aveva lasciato davanti all'uscio con tenerezza amicale, senza nemmeno sonà il campanello, e sapevo che se ero uno scrittore, era perché sapevo del valore di quelle bietole - E ora basta sennò divento sdolcinato e non è da noi…
  
                                                                 Accio figlio di Lalo



Da piccoli, a Vecchiano, i bambini allevati a miscela erano come i polli di batteria. Che appunto venivano cresciuti con un miscuglio industriale. Al chiuso. Poi c'erano i monelli che crescevano come polli liberi di stare in giro nei prati e nei cortili. Che il cibo se lo cercavano da soli.  Accio non è stato cresciuto a miscela, non ha mai conosciuto la gabbia, nemmeno da grande. Se i Centri commerciali crescono facilmente nei parchi è perché ormai tutti i bambini crescono a miscela.

  

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