lunedì 28 giugno 2010

Giorgio Marianetti: Affettuoso ricordo di un atipico puttaniere







Giorgio Marianetti

AFFETTUOSO RICORDO A LUCI ROSSE DI MAURO PUNTONI

Caro Claudio, ho letto la tua dedica a Mauro Puntoni (riferimento a "In morte di Mauro Puntoni", 23.VI.2010, NdR). Mi ha fatto piacere leggerla. Ho seguito Mauro come medico fino al suo trasferimento alla Casa di riposo di Cascina. Un atto indispensabile, voluto fortemente dalla mamma Metella poco prima di morire. Però stava bene laggiu', quasi una seconda famiglia, con la sua cameretta, la sua immancabile televisione sempre accesa, con il suo Pisa, e senza le sue sigarette (l'avevo fatto smettere già da alcuni anni non senza difficolta). L'andavo a trovare quando passavo in zona per il mio lavoro e avevo parlato anche con il suo nuovo dottore, e anche lui mi aveva assicurato che stava bene. Poi ha cominciato ad avvertire alcuni malesseri, fu scoperta un'anemia, di lì accertamenti che misero in evidenza sembra una neoplasia. Poi il tracollo e la morte.

E’ stato a suo modo un personaggio. Voglio ricordarti una sua “passata”*. Una sera l'accompagnammo da una prostituta, a Pisa, e lui al solito chiese quanto e lei rispose "cinque" (mila), ma siccome a Viareggio Mauro era abituato a pagare "dieci" (mila), rimase disorientato e disse: dieci no?  

Passata*, in vernacolo vecchianese una situazione comica, una battuta inverosimile, sia compiuta in modo razionale che beffardamete subita (ndr)



  

lunedì 7 giugno 2010

Claudio Di Scalzo detto Accio: In morte di Mauro Puntoni

                                             
 
                                                       Malevic - Quadrato nero - 1915


                                                  IN MORTE DI MAURO PUNTONI

Due giorni fa, con un messaggio su Facebook, avendomi letto sul Weblog “Vecchiano un paese”, un mio compaesano, Mariano Nencini, e intanto sono passati quaranta anni, mi ha scritto un biglietto: “Caro Accio, credo tu sia l’Accio che conobbi alla Pergola, sono Mariano, ti saluto e ti do purtroppo una triste notizia: il Puntoni è morto.
Giovanissimo, facevo i primi anni di Ragioneria a Pisa, e prima di conoscere il Pazzo, bighellonavo in un bar di Vecchiano: La Pergola. Aveva ed ha un glicine che proteggeva in estate i tavolini. Con le prime sedie all’americana dove potevi stare come un papa perché cilindriche e variopinte. Qui la sera appariva il Puntoni. Mauro Puntoni. Un ragazzone alto, corpulento, fasciato in una camicetta troppo piccola. Che parlando a scatti diceva: Passami una sigaretta. Dai! Passami una sigaretta. Che poi veniva fumata tenendola sul suo faccione con minuzia, stretta tra l’indice e il pollice fino al filtro. Fumava come ci si aspettava che facesse l’attore in certe comiche in bianco e nero prima di scivolare sulla classica banana. Il Puntoni, arrivando da Piazza Garibaldi e in avvicinamento alla combriccola amicale, era salutato con richiami e qualche fischio e lui si dondolava con passo incredibilmente felpato per la sua mole: Che si dice, ragazzi, che si dice! Passami una sigaretta! Stasera andiamo a vivere! Eh! Vado dalla mia bella. Aveva una ragazza il Puntoni? Sì e no. E credo che Mariano Nencini sappia qualcosa in più di quanto so e ricordo io. Il Puntoni, o “Maurino”, aveva in questi amici, a volte eccessivamente scherzosi, un punto di riferimento sicuro, che lo faceva vivere allegro e spensierato quanto l’allegria e spensieratezza consentiva a un giovanotto con qualche rotella in meno. Viveva la giovinezza, oltre la protezione asfissiante di genitori preoccupati. Prima che arrivassero le ASL con i medici annoiati e le loro note incomprensibili sul disagio mentale, prima del politicamente corretto che magari ti consegna a una solitudine infernale. Il gruppo in cui ero capitato aveva inventato, invece, un’originale cura psicologica per far “vivere” bene il Puntoni. Mariano Nencini era uno di questi “medici”. Scanzonato portava in giro il Puntoni, a Torrre del lago, anche a Viareggio. Che altrimenti non avrebbe mai visto! Non so come, non lo ricordo, ma qualcuno, deve aver pensato che era tempo di far conoscere al Puntoni la sessualità. La prassi. Ne parlava a scatti, con confusi riferimenti, lo chiedeva con circonvoluzioni d’immagini a volte oscure, che denotavano anche una chiara sofferenza a non aver mai assaggiato la nicchia, la topa, la passera. Rapida colletta, salto a Viareggio, la più bona e costosa, per la bisogna, putttana in circolazione, e il gioco era fatto. Debitamente istruita la puttana fu dolce, comprensiva a sobbarcarsi quel corpaccione accaldato e tremolante, e fece un’opera veramente dolce e sublime.
Però Mauro Puntoni s’innamorò. Forse era da prevederlo. E non della passera e basta!, no, della donna, di quegli occhi dolci, di quella voce, di quel profumo, di quel viale, di quell’appartamento, fino allo zerbino tanto fine, al campanello dal suono melodioso, fino ai cinque minuti regalati, a lui, Mauro, per fumare una sigaretta, bere una bibita da un frigo assolutamente moderno. E ora come tenercelo lontano? Bisognava portarcelo ancora e ancora e ancora? E fare altre collette o sviarlo? E se partiva a piedi? E se chiedeva il passaggio a dei malintenzionati? Non tutti, fuori da Vecchiano, lo conoscevano e lo “accudivano”.
Non so come sia andato a finire l’amore di Mauro Puntoni. A breve mi trasferii in un altro bar. Nel paese vicino. Nodica. Dove trovavo Il Pazzo. Per raggiungere, insieme, la Capannina di Franceschi o la Bussola, e lì Puntoni non l’avrei certamente trovato. Non l’avrebbero nemmeno fatto entrare! Me lo racconterà casomai Mariano, il proseguo. Ricordo però che da quando si diffuse notizia della passione amorosa del Puntoni, tanti paesani presi dal caos emotivo e pulsionale per un amore dove il punto di vista implicava trasformare Dulcinea in una Dama, venivano battezzati come “maurini”, è un “maurino”, dicevano sarcastici. E tutti capivano. Il fondatore, intanto, del neologismo continuava a raggiungere la pergola, il glicine, e chissa come cadeva, il fiore, sulla sua testa a cucuzzolo, quando ne scoteva i rami fingendosi arrabbiato contro tutti.

Il Puntoni è morto in un centro per anziani. Solo. I suoi genitori da tempo non c’erano più. E neppure la combriccola della pergola, a renderlo personaggio nelle sere estive: guardando verso Viareggio. Al Puntoni, per il lutto, lascio un glicine sul quadro di Kasimir Malevich, tutto nero. Una lapide meno anonima di quella che gli avranno frettolosamente scolpito. Dal suo lontano amico Accio. E ringrazio Mariano Nencini, di avermi dato l’occasione di ricordare un paesano. Stamani all’alba.


                                   Claudio Di Scalzo detto Accio