Sandro Ivo Bartoli
LA MINESTRA SUR PESCIO, II
(Ma anco racconto del luccio e della tinca)
Dùrela, Accio... La minestra di
pescio va mangiata, mìa disquisita (potresti anco legge: di squisita!).... No,
era bellina anco perché 'gnavevi messo 'r disegno del luccio... Gira e rigira
vato a trascrive'le parole dell'Artusi... Ma che ci ve' fa': lui lì era di
Forlimpopoli, sapeva'na sega di lucci e tinche... Di cignali, però, se
ne'ntendeva assai: le su ricette son fenomenali...
MA ORA GUARDA TE COSA MI TOCCA
FA' PER CORPA DI ACCIO. ACCIDENTI A TE E A ME CHE TI STO GHIETRO! RICETTA
NUMERO 517. PIATTI DI PESCIO! «La tinca disse al luccio: - Val più la mia testa
che il tuo buccio. - Buccio per busto, licenza poetica, per far la rima.
Poi c'è il proverbio: “Tinca di maggio e luccio di settembre”. Fate un
battutino con tutti gli odori, e cioè: cipolla, aglio, prezzemolo, sedano e
carota; mettetelo al fuoco con olio e quando avrà preso colore, versate le
teste delle tinche a pezzettini e conditele con sale e pepe. Fatele cuocer
bene, bagnandole con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, poi
passate il sugo e mettetelo da parte. Nettate le tinche, tagliate loro le pinne
e la coda e così intere, ponetele al fuoco con olio quando comincia a
soffriggere. Conditele con sale e pepe e tiratele a cottura col detto sugo
versato a poco per volta. Potrete mangiarle così che sono eccellenti; ma per
dare al zimino il suo vero carattere ci vuole un contorno d'erbaggi, bietola o
spinaci a cui, dopo lessati, farete prender sapore nell'intinto di questo
umido. I piselli pure vi stanno bene. Anche il baccalà in zimino va cucinato
così.»
Pellegrino Artusi di Forlimpopoli venuto a sciacquare i panni in Arno!
Pellegrino Artusi di Forlimpopoli venuto a sciacquare i panni in Arno!
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